I "piccioni urbanizzati",
per effetto di una sentenza istruttoria
del Pretore di Cremona del 18 gennaio 1983, sono considerati
alla stregua di tutti gli animali allevati e quindi passibili
di ogni azione di sfruttamento, compresa la cattura e l'uccisione.
La sentenza approfondiva il concetto
di "urbanizzazione" del colombo specificando
che non devono valere per i colombi urbani le normative della
Legge 968/77 che riguarda
la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato.
Si è convenuta l'esistenza di una varietà domestica
del piccione (Columba livia) definendo i piccioni che abitano
le città animali randagi.
Il 25 novembre 1993 l'Istituto Nazionale Fauna Selvatica accreditava
la sentenza del Pretore Francesco Nuzzo esprimendosi in questo
modo." Si ritiene che la posizione sistematica, ecologica
e legale dei cosiddetti piccioni di città sia quella
di specie non appartenente alla fauna
selvatica. Si tratta infatti di popolazioni la cui
origine deve essere ricondotta a forme domestiche del colombo
selvatico (Colomba livia f. domestica) sfuggite al controllo
da parte dell'uomo
".
L'art. 19 della Legge 157/92
prevede la concreta possibilità di adottare metodi di
controllo efficaci (piani di abbattimento) ai fini della tutela
del patrimonio zootecnico, per motivazioni sanitarie, per la
tutela del patrimonio artistico, per la difesa delle specie
selvatiche.
Per effetto di quanto sopra esposto i piccioni urbani non sarebbero
più patrimonio indisponibile dello stato, quindi, suscettibili
di attività atte al loro controllo.
I soggetti titolari di intervento
sono diversi:
nei centri urbani il Sindaco
con il concorso della Provincia se ci sono fondate giustificazioni
di ordine sanitario;
per le aree agricole la competenza
riguarda la Provincia che interviene su interrogazione delle
organizzazioni professionali agricole;
quando sussistono motivazioni
sanitarie di carattere generale interviene la Provincia in esecuzione
di specifica Ordinanza dell'Autorità Sanitaria Locale
(ASL). |
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