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Colombi di città

Le strategie
integrate di gestione e metodi di controllo definiti nel corso
del "2° Convegno Nazionale sulla Fauna Urbana"
di Firenze.
I criteri che devono guidare le politiche gestionali
delle specie ornitiche problematiche sono stati recentemente
definiti nel corso del "2° Convegno Nazionale sulla
Fauna Urbana" (Firenze, 10 Giugno 2000): ecologici,
integrati, selettivi, economicamente
sostenibili, durevoli, sicuri per l'ambiente, tecnicamente
validi, etici e condivisi. L'approccio da seguire
è quello definibile come IPM
(Integrated Pest
Management)
o gestione integrata delle specie problematiche, poiché
nessun metodo, se utilizzato singolarmente ed in maniera episodica,
non coordinata ed in assenza di un piano di monitoraggio, può
offrire risultati apprezzabili e vantaggiosi (Dinetti e Gallo-Orsi,
1998).
La definizione della strategia deve essere effettuata sulla
scorta di uno studio preliminare, che valuti distribuzione e
densità della specie in oggetto (censimenti), lo stato
sanitario, le problematiche causate alla popolazione (sondaggio
di opinione), le zone di maggior conflitto (aree a rischio).
Una campagna di contenimento di una popolazione di Colombo di
città trova ad esempio giustificazione solamente se vengono
raggiunte densità elevate, superiori a 300-400 individui/kmq,
secondo quanto indicato dall'Istituto Nazionale per la Fauna
Selvatica (Ballarini et al., 1989). I migliori risultati, anche
in termini costi-benefici, sono ottenuti impiegando innanzitutto
le tecniche indirette, le quali incidono alla base sulle cause
che scatenano le sovrappopolazioni. Queste sono costituite da:
- limitazione
delle forniture di cibo, fornito direttamente o indirettamente
da cittadini e operatori.
Nel primo caso si interviene attraverso campagne educative e
informative, cui si deve aggiungere un'ordinanza sindacale per
la regolamentazione delle forniture. Utili in tal senso sono
l'allestimento e la gestione delle "colombaie regolamentate",
strutture poste in contesti non problematici ove i cittadini
con indole zoofila possono alimentare i loro "beniamini".
Nel secondo caso è necessario
migliorare la pulizia e l'igiene ambientale, attraverso interventi
tempestivi dei servizi pubblici, soprattutto in occasione di
mercati, fiere, sagre.
In situazioni ad alto rischio e fortemente attrattive, quali
aree portuali, mangimifici, silos, discariche, sono necessarie
protezioni passive (reti antintrusione, porte mobili, ecc.)
e maggiore attenzione alla dispersione nell'ambiente di mangimi,
granaglie ed altre sostanze commestibili
- interventi
sulle strutture (limitazione dei luoghi di
nidificazione e sosta), ottenuti tramite il restauro degli edifici
utilizzati da colombi, storni e gabbiani, la chiusura selettiva
delle cavità e l'installazione degli speciali "dissuasori
di appoggio" ad azione meccanica oppure elettrostatica
- modifiche ambientali,
che possono essere costituite dalla tecnica di gestione ad erba
alta dei prati e dalla bonifica dei ristagni d'acqua da praticare
in ambito aeroportuale, dalla semina di appezzamenti a perdere
per attirare gli uccelli, "distraendoli" dalle colture
più pregiate, dalla potatura selettiva dei ramoscelli
degli alberi usati come dormitorio (sebbene non tutte le essenze
arboree sopportino tale intervento), ed infine dall'allestimento
di habitat alternativi, per attirare le specie problematiche
ove la loro presenza non provoca interferenze consistenti con
le attività antropiche.
I metodi diretti, quali cattura e spostamento a distanza, abbattimento
per mezzo di trappole, armi da fuoco, veleni, oltre ad essere
contrari ai principi etici, e quindi osteggiati attivamente
da associazioni e cittadini zoofili, hanno anche uno scarso
successo, poiché il livello di popolazione viene ripristinato
nel giro di poche settimane, attraverso i ritmi di riproduzione,
l'immigrazione di individui dalle aree circostanti, la maggior
sopravvivenza dei superstiti che sarebbero altrimenti deceduti
per cause naturali, in quanto rimane a loro disposizione una
quantità di risorse pro-capite superiore.
Ad ogni modo, ai sensi dell'art. 19 della Legge 157/92, il ricorso
ai piani di abbattimento
può essere autorizzato soltanto dalle Regioni, qualora
l'istituto Nazionale per la Fauna Selvatica verifichi l'inefficacia
derivante dall'impiego dei metodi ecologici.
Le tecniche di allontanamento
(scaring) tramite dissuasori e repellenti ad azione ottica,
acustica (compresi gli ultrasuoni ed i dispositivi laser), tattile
e chimica perdono presto di efficacia, in quanto gli uccelli
sono in grado di comprendere rapidamente la non reale pericolosità,
abituandosi quindi alla loro presenza. Queste tecniche possono
quindi essere usate soltanto come palliativo, avendo la precauzione
di esporle il minimo necessario e soltanto nei momenti di reale
utilità (ad esempio durante la fase di maturazione dei
frutti di un albero), variandone ripetutamente posizione, tempi
e durata di esposizione.
Un successo maggiore e offerto dall'utilizzo dei richiami di
angoscia (di stress call specie-specifici, registrati ed amplificati,
ma anche in questo caso occorre estrema prudenza nel loro uso,
allo scopo di scongiurare fenomeni di assuefazione e resistenza.
I richiami di angoscia vengono generalmente impiegati per allontanare
in modo incruento gli Storni dai dormitori urbani, i Gabbiani
reali ed altre specie dalle piste degli aeroporti, eccetera.
Il ricorso alla sterilizzazione
(farmacologica, attraverso la somministrazione di mangime trattato,
oppure chirurgica, tramite vasectomia dei maschi) ha dimostrato
numerosi limiti e controindicazioni: entrambe sono tecniche
costose e dispendiose, e per avere efficacia devono poter intervenire
su una parte consistente della popolazione. Nel primo approccio
sussistono anche rischi di contaminazione ambientale, di coinvolgimento
di specie non-target, di intossicazione per gli stessi colombi.
Il secondo metodo richiede la cattura, la selezione dei sessi,
la stabulazione e un intervento da parte di un veterinario.
Il ricorso all'incremento dei predatori naturali possiede risvolti
interessanti, anche sotto il profilo ecologico ed educativo.
Gli uccelli utilizzabili in contesti urbani sono due specie
di rapaci (Falco pellegrino -Falco peregrinus- e Allocco -Strix
aluco) e la Taccola -Corvus monedula-.
Occorre comunque avere ben chiaro che l'azione di contenimento
apportato da queste specie rimane limitata, poiché i
predatori hanno abitudini territoriali e la loro densità
resta sempre contenuta, mentre il numero delle prede in questi
casi è particolarmente abbondante. L'incremento dei predatori
può avvenire indirettamente, attraverso l'installazione
di specifici nidi artificiali, oppure direttamente, tramite
l'ambientamento e la liberazione di soggetti recuperati dai
centri specializzati per la cura della fauna selvatica.
Infine, l'informazione corretta
e adeguata assume un'importanza nodale, allo scopo di stemperare
conflitti tra categorie sociali con sensibilità e interessi
diversi e talora contrastanti, evitando allarmismi ingiustificati,
valutazioni numeriche estemporanee e non corrette, individuazioni
degli impatti economici strumentali e parziali, inutili "fai
da te" ed iniziative scoordinate o pericolose per l'ambiente.
Soltanto seguendo questa strada sarà possibile assicurare
una pacifica convivenza tra esseri umani ed altri animali, anche
nei contesti fortemente urbanizzati. |
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